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Mancano pochi giorni alla fine della pena per rapina a mano armata e omicidio, quando Ulisse Bernardini riceve una lettera; è di sua figlia Gretel, una ragazza di vent'anni che lui non ha mai conosciuto, che gli chiede di poterlo andare a trovare in carcere. Ulisse è stato un bandito, un rapinatore di banche, affascinante, intelligente, elegante e amante della bella vita. Ora è un signore avanti con gli anni che si è abituato alla prigionia e che non vede davanti a sé alcun futuro. Gretel studia Antropologia, è cresciuta con la nonna e una madre affetta da disturbi mentali e da anni ricoverata in clinica: ora vive da sola e da cinque anni sa di essere malata della sindrome di Hallerworden e Spatz, una malattia degenerativa, al momento latente ma che può manifestarsi da un giorno all'altro portandola prima alla paralisi e poi alla morte. Nell'incontro, tra imbarazzo e trattenuta emozione, Gretel racconta al padre della sua malattia e gli chiede di accompagnarla in un pellegrinaggio al santuario di Maratea. Gretel ha bisogno di credere che il liquido che sgorga dalla roccia possa guarirla. Ulisse alla fine accetta di partire con la figlia: comincia così un lungo viaggio. E il viaggio li avvicina, a volte anche in modo drammatico. Il santuario era un espediente, il posto più lontano che Gretel aveva in mente per guadagnare tempo e conoscersi. In fondo a tanto viaggiare c'è una richiesta terribile. Ulisse non potrà dire di no.